Ok il discorso nella mia testa è arzigogolato e complesso, voglio dire molte cose, so che non ci riuscirò ma vorrei essere chiaro. Vi aspetta quindi un post con la stessa fluidità dei mattoni che rotolano, fatto di frasi spezzate e disarmoniche passibili di uno sviluppo discorsivo puntinato.
Nel mio cazzeggiamento internettiano, alla ricerca di non so più che cosa, noto l’uscita di questo libro: Wanted, la storia criminale di Gran Theft Auto.
Bene: complimenti all’Editore, scelta editoriale coraggiosa (dato che non mi risulta si trovino nelle librerie italiane pubblicazioni similari) e che in me trova un entusiasta possibile acquirente. Il motivo è semplice: io adoro i prodotti Rockstar Games.
Rockstar Games a mio avviso è la realtà più interessante ed innovativa del panorama videoludico (non me ne vogliano i fan degli Indie Games), da nessun’altra parte si trova una cura così certosina del prodotto e del marchio.
Soprattutto il marchio.
Ciò che è Rockstar lo si annusa da un miglio di distanza, fin dal primo dettaglio di un artwork. Merito di una coerenza interna nata circa dieci anni fa che non è mai stata persa o diluita. Capace non solo di dare un’immagine ma anche un peso ed un contenuto ai vari prodotti sfornati.
La coerenza interna, per quello che interessa a me, è data da alcuni punti fermi: il rapporto decennale con gli illustratori Stephen Bliss e Anthony Macbain, autori dei vari artworks (a cui io mi ispiro in continuazione come si può vedere più sopra), che hanno la miglior dote che un creativo deve avere: riconoscibilità + adeguamento al prodotto; e, secondo aspetto che io trovo estremamente caratterizzante, è quel particolare sapore che hanno le narrazioni di Sam e Dan Houser, quel misto di grottesco, noir e non-ti-sto-considerando-un utente ritardato-pronto-a-sorbirsi-l’ennesima-minchiata-criptofascista.
Gli artworks prodotti da Rockstar meriterebbero una pubblicazione a se e chissà se qualcuno mai penserà di raccoglierle in un unico volume e di darle alle stampe. Il lavoro degli illustratori è perfetto, ogni immagine rimanda ad un’atmosfera differente in relazione col prodotto di riferimento, cambia lo stile, si sperimentano differenti tecniche, dalle immagini a tinta piatta a quelle più pittoriche, eppure nonostante le svariate contestualizzazioni il marchio rimane sempre riconoscibilissimo.
Quando mi dedico a creare delle linee guida per un logo mi viene in mente questo tipo di approccio: più dei colori e delle forme geometriche deve passare un mood, una “visione” unica per le varie declinazioni, anche temporali, che un marchio può avere, in modo tale che la riconoscibilità non sia semplicemente visiva ma intellettiva, la più importante conseguenza di un approccio di questo tipo sarà un maggiore coinvolgimento del fruitore finale che si troverà a dialogare intellettualmente con il prodotto.
La Narrazione poi meriterebbe un post a sé, le capacità di scrittura sono notevoli ed adattive, da quelle espanse dei freeroaming a quelle più compresse come Max Payne 3. Quest’ultimo poi è un esempio eccezionale di potenza narrativa: l’interattività ludica è ridotta ad un semplice e mero gioco di abilità in parte desueto eppure la narrazione, lo stile la caratterizzazione dei personaggi ti tengono lì a finire e ricominciare il gioco incessantemente (il sottoscritto è alla novantottesima ora di single player). Oppure L.A. Noire, in cui l’interattività ludica è ai minimi storici, il gioco infatti va avanti lo stesso che tu sia capace o no come giocatore, perché ciò che importa e raccontarti una storia e la sentirai tutta lo stesso in qualsiasi modo tu la giochi.
E poi Rockstar ci crede, sa centellinare le notizie, probabilmente gestisce anche la fuga delle stesse, insomma ha un ufficio stampa, vero, con i controcazzi, che fa Comunicazione (svegliatevi specialisti dell’onanismo comunicativo di italiotico lignaggio).
Quando tutti dicono che il videogioco tripla A sta morendo, Rockstar se ne esce con GTA V gridando ai quattro venti che venderà venticinquemilioni di copie.
Ditemi se questo non è uno splendido e raffinato “Vaffanculo”